Montefiascone

Scheda tecnica

Montefiascone

Montefiascone
di F. Lazzari

Data istituzione Monte di pietà: 1647
Fondatore: vescovo Gaspare Cecchinelli

Scheda storica

Il Monte di pietà di Montefiascone fu fondato, l’8 settembre 1647, dal vescovo Gaspare Cecchinelli con l’iscopo di soccorrere i poveri ed i bisognosi, mediante prestiti a interesse contro pegno. Il finanziamento iniziale, di 119 scudi e 50 baiocchi, proveniva da una parte dell’eredità di Dionisio Guerra, contadino e colono della mensa episcopale, come da testamento del 7 agosto 1646 a rogito del notaio e cancelliere episcopale Girolamo Pieri.

Il Guerra aveva nominato la moglie Camilla sua erede usufruttuaria e aveva lasciato alcuni legati specificando come, alla morte della consorte o a un suo eventuale nuovo matrimonio, tutta la proprietà dovesse essere distribuita alle chiese e ai luoghi pii a discrezione del vescovo di Montefiascone.

Con la morte di Dionisio Guerra iniziò una transazione tra il procuratore fiscale e la vedova Camilla che si accordarono stabilendo lo stato dell’eredità in 46 rubbi di frumento e in 69,50 scudi in denaro. Con i rimanenti 50 scudi fu eretto un duplice Monte, uno per il grano e l’altro per i pegni e i depositi, e furono nominati due ministri montisti, uno per l’amministrazione del denaro con l’assegnazione di sei scudi l’anno, l’altro per il frumento con l’assegnazione di diciotto scudi. Tra i diversi capitoli redatti dallo stesso Cecchinelli troviamo specificato che la giurisdizione del Monte e la nomina dei montisti era di competenza vescovile, e che era prevista l’esazione di un minimo interesse sul prestito per le spese di gestione e manutenzione.

L’applicazione degli interessi sui prestiti e la percentuale applicata, in ogni caso non superiore al 2,5%, era facoltativa. Nel 1704, l’abate Luca Corneli, amministratore del Monte e decano della cattedrale, oltre ad operare con grande competenza e precisione, rinunciava allo stipendio previsto di dodici scudi l’anno non esigendo niente né per i pegni né per i depositi.

Nello stesso anno il vescovo di Montefiascone, cardinale Marco Antonio Barbarigo, ordinò che le rendite del lascito Perla, destinate alla formazione di sussidi dotali per le ragazze più indigenti, venissero depositate al sicuro nelle casse del Monte di pietà. La decisione era stata presa a causa della cattiva gestione di Giuseppe Ciucci, depositario e amministratore dei beni di quel lascito, scoperto debitore di 88 scudi e 80 paoli nei confronti dell’opera pia.

In quel periodo il Monte – che custodiva un capitale di 262,96 scudi, di cui 239,15 in pegni e il resto in contanti, mentre i depositi liberi e giudiziali ammontavano a 689,84 scudi – era ubicato in un ambiente basso nella piazza della cattedrale davanti all’ospizio dei pellegrini, sotto la casa del medesimo ospizio dove si trovano le scuole delle.

Il cardinale Barbarigo oltre a sovvenzionare personalmente il Monte (pecunia etiam a me subministrata), dettò trentaquattro articoli per la buona amministrazione dell’ente. Da questi risulta come lo stesso vescovo fosse attento alla serietà del montista, del pievano e del governatore nello svolgimento del loro lavoro e nell’etica professionale. Così scrive nell’art. 10: “Non si impresti a minori di 15 anni, né a figli di famiglia, né sopra panni di lana ò sopra cose sacre, et anni, sotto pena ad arbitrio, e di risarcire i danni di detto Monte del proprio”. E ancora nell’art. 13: “Non si levino mai dal Monte pegni, denaro, et altra cosa spettante al Monte, sotto pena ad arbitrio, e di scomunica riservata al Papa conforme alla Bolla di Paolo V”.

La cosa più interessante, in quest’ambito, sono due editti contro l’usura che cercarono di combattere o contenere il fenomeno. Lo stesso Barbarigo costituì un fondo per prestiti ai poveri per evitare che si esigessero interessi troppo alti riferiti alle modeste condizioni dei richiedenti.

Nel 1734, i fratelli sacerdoti Mariano e Giovanni Felice Parenzi, montisti, fecero ricostruire in un loro terreno la demolita chiesa della Madonna del Riposo, impegnandovi più di 2.000 scudi. Contemporaneamente vi istituirono un beneficio annesso al Monte, disponendo che il denaro e i depositi in loro custodia andassero a vantaggio dei poveri e in aiuto al cappellano per il mantenimento della chiesa.

Il 10 marzo 1738 morì don Mariano Parenzi il quale, con testamento rogato dal notaio Angelo Mori nel 1735, lasciò al Monte di pietà, con legato perpetuo di messe, 600 scudi di pegni in gioielli, argenti, rami e panni – provenienti da diversi bisognosi che comunque non avevano pagato cosa alcuna – e una casa di 12 stanze con cantina e stalla per un valore di 800. In questa casa, per contratto, si sarebbero dovuti trasferire i due Monti, di pietà e frumentario, e con la rendita della stessa si sarebbe provveduto ai 25 scudi dello stipendio per il montista il quale, pertanto, avrebbe potuto gestire il monte senza chiedere interessi.

Dopo l’accettazione del legato, il cardinale Pompeo Aldrovandi nominò montista don Giovanni Penna al quale subentrò, nel 1752, Ignazio Cernitori su incarico del delegato apostolico Passionei. Il 20 novembre 1754, giorno in cui il vescovo Saverio Giustiniani si recò a visitare il Monte di pietà, l’istituto non si era ancora trasferito e pagava sei scudi l’anno all’Ospizio Falisco per l’affitto della stanza ove svolgeva l’attività.

In un documento del 1820 si rileva come una parte del grande appartamento donato al Monte dai fratelli Parenzi venisse affittato a vantaggio dello stesso ente.

Il 19 dicembre 1859 il Monte di pietà subì un grave furto che ridusse il suo capitale ad appena 900 lire circa. Riuscite vane le indagini per scoprire i ladri e perduta ogni speranza di recuperare i valori, il vescovo Luigi Iona donò all’istituto 537,50 lire; ugualmente aveva fatto il cardinale Niccola Paracciani Clarelli, suo predecessore. Il vescovo Iona vi aggiunse 134,375 lire lasciate in legato da Luigi Tarquini – come da testamento del 17 maggio 1860 rogato dal notaio Giovan Battista Antonelli – e 2.150 lire lasciate dal diacono Francesco Perla per la costituzione di un fondo di 107,50 lire di elemosine da distribuirsi annualmente.

Un nuovo statuto, approvato nel 1882, adeguò la gestione del Monte di Montefiascone alle direttive nazionali; il controllo dell’ente passò a una amministrazione mista composta da due deputati nominati dal vescovo, e da due deputati comunali di nomina biennale; il tasso d’inte-resse sui prestiti, che quando applicato si era mantenuto sempre al di sotto del 2,5% annuo, salì al 4%.

Nel 1931 lo Statuto dell’ente venne aggiornato, e contemporaneamente l’attività del Monte sembrò risollevarsi per poi cessare, definitivamente, durante gli anni della seconda guerra mondiale. Nel 1947 il consiglio d’amministrazione del Monte di pietà ritenne che la funzione di un simile istituto era ormai superata dai tempi e quindi inoltrò domanda alla Banca d’Italia per poter sciogliere l’ente. L’anno successivo il ministro del Tesoro, Pella, decretò la liquidazione dell’antiquato istituto.

Il complicato iter della liquidazione si prolungò fino alla fine del 1954. La sede del Monte, composta da tre vani, fu venduta a Florido Verdacchi che se la aggiudicò per 500.500 lire; il vantaggio ottenuto da questa vendita venne considerato molto soddisfacente in quanto lo stesso immobile era stato preventivamente inventariato per 150.000 lire.

Tra le curiosità rilevabili dallo stesso inventario emerge la considerazione che il commissario liquidatore aveva per i vecchi documenti e i registri dell’ente: “Registri e carte vecchie gettati alla rinfusa entro le casse e i mobili, di nessun valore”; e la natura dei due ultimi pegni che giacevano non riscattati presso il Monte: un lenzuolo e un grammofono rotto.

L’ultimo documento relativo all’istituto è una ricevuta, datata dicembre 1954, rilasciata dal presidente dell’orfanotrofio femminile, don Latino Salotti, che dichiarava di aver ricevuto 315.000 lire, dal commissario liquidatore Bartolozzi, a favore del suddetto orfanotrofio. Questa cifra era dovuta all’eccedenza del bilancio finale del Monte di pietà di Montefiascone.

Note bibliografiche e Riferimenti archivistici

Statuto organico e regolamento dell’opera pia Monte di pietà in Montefiascone, Montefiascone 1882

S. Ceccarelli, Amministrazione, economia e istruzione nella diocesi di Montefiascone tra Sei e Settecento. L’episcopato del Cardinale Marco Antonio Barbarigo, tesi di laurea, Università degli Studi di Perugia, facoltà di Scienze della formazione, relatore prof. Mario Tosti, anno Accademico 1996-1997.

G. MUSOLINO, Le Confraternite di Montefiascone, Vitorchiano 1993

F. LAZZARI, Il Monte di Pietà di Velletri (1470-1940), Velletri 2005, p. 56.

ACVM, Monte di Pietà, Cartella 41, b. 1; Visita pastorale del 1703-04, vol. XVII, Visita del sacro Monte di Pietà; Cartella Barbarigo, n. 4, fascicolo 3, Estratto degli Atti di Visita al Monte di pietà di Corneto; Cartella Barbarigo N. 4, fasc. 3, Relazione Recchi al Santo Padre.

AMPM (Archivio del Monte di Pietà di Montefiascone), carte sciolte.

ASV, D.A.VT., serie I, busta 40, Registro.

ASCM, Delibere comunali: “12 febbraio 1928”; “Statuto del Monte di Pietà – 9 settembre 1931.