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Finanziare la ricerca per la salute 2022

Dalla salute della donna e del bambino a innovative medicazioni smart, dallo studio di nuove terapie per curare patologie genetiche ed ereditarie all’impiego di strumenti all’avanguardia per isolare le cellule tumorali: sono 6 i progetti di ricerca d’eccellenza in campo biomedico realizzati grazie al contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, presentati sabato 3 dicembre, alle ore 9, all’Oratorio San Filippo Neri.

L’evento Finanziare la ricerca per la salute 2022 è stato anche l’occasione per presentare il prossimo bando dedicato a giovani studiosi dei territori di Bologna e Ravenna. La Fondazione rinnova il suo impegno nello sviluppo di conoscenze e innovazioni scientifiche, finanziando progetti di team altamente qualificati.

«Finalmente, dopo una pausa forzata di quasi tre anni imposta dall’emergenza sanitaria, riprendiamo la consuetudine di presentare i risultati dei progetti scientifici che abbiamo sostenuto, in un esercizio che è insieme di trasparenza per l’attività svolta e di comunicazione chiara della ricerca scientifica ̶ spiega Giusella Finocchiaro, Presidente della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
Lo scorso anno abbiamo finanziato ricercatori del territorio con un bando da oltre 340.000 euro. A quest’investimento si è affiancato quello di circa 1 milione di euro per la costruzione della “Torre Biomedica” del Policlinico S. Orsola e quello, di pari importo, per il corso di laurea in medicina a Ravenna. Investire nella ricerca è un atto necessario e imprescindibile, sulla cui importanza tutti paiono concordare, e che oggi deve essere accompagnato da uno sforzo di comunicazione anche al di fuori della comunità scientifica, affinché siano condivisi non soltanto la rilevanza della ricerca, ma anche l’impegno che caratterizza il metodo scientifico» conclude Finocchiaro.

I PROGETTI

Le cellule staminali pluripotenti indotte come modello di studio dei meccanismi alla base di malattie metaboliche ereditarie

Il progetto del team coordinato da Andrea Pession (Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna) si è concentrato sulla ricerca di nuovi approcci farmacologici per la malattia di Gaucher, una patologia metabolica ereditaria. Questa malattia è caratterizzata da un’enorme variabilità fenotipica, dalla quale scaturisce una sintomatologia molto varia, che può spaziare da un lieve interessamento della milza e del fegato a forme neurologiche gravi e talvolta fatali. Identificare i fattori coinvolti nella modulazione del fenotipo e nell’aggravamento dei sintomi e del decorso della malattia può consentire un intervento terapeutico mirato e tempestivo. Il progetto ha messo a punto un modello di studio della malattia di Gaucher in vitro, basato sulle cellule maggiormente coinvolte nelle manifestazioni gravi della malattia, quelle neuronali e del sangue. Lo studio di caratterizzazione nei modelli ottenuti ha permesso di identificare due meccanismi molecolari alterati nella malattia, ampliandone le conoscenze e identificando nuovi potenziali bersagli terapeutici.

Relazione del progetto

Ruolo del microbiota intestinale nel benessere dei pazienti operati con malattie infiammatorie croniche intestinali

Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) sono associate ad alterazioni nella composizione del microbiota intestinale, ossia a una significativa riduzione della diversità batterica e un aumento di alcune componenti pro-infiammatorie. Nei pazienti con MICI è spesso necessario effettuare un intervento chirurgico di resezione, conosciuto come Proctocolectomia con anastomosi Ileo-Pouch Anale. Questa operazione, con un’incidenza che può arrivare fino al 50% dei casi, può essere seguita da un’infiammazione mucosale, detta pouchite, che si manifesta in maniera sporadica (episodi controllati con le terapie antibiotiche) o refrattaria (scarsa risposta agli antibiotici). Lo studio, condotto da Paolo Gionchetti e Marco Donati Sarti (Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna), ha analizzato il microbiota fecale di 30 pazienti operati a partire da campioni prelevati subito dopo l’intervento e dopo 3 e 6 mesi. Di questi, 17 hanno avuto episodi di pouchite sporadica, 13 sono andati incontro a pouchite refrattaria. L’analisi del microbiota intestinale ha mostrato un aumento della diversità microbica nei pazienti con pouchite sporadica, ma non in quelli con pouchite refrattaria. Questi risultati suggeriscono che il monitoraggio e l’intervento sul microbiota intestinale potrebbero consentire di prevedere il peggioramento della malattia e di diminuire la probabilità di sviluppare pouchite refrattaria.

Relazione del progetto

Identificazione di sistemi innovativi di trasferimento del complesso enzimatico CRISPR/Cas9 per la terapia genica in distrofie muscolari

Il progetto, coordinato da Giovanna Lattanzi (CNR Istituto di Genetica Molecolare “Luigi Luca Cavalli-Sforza” di Bologna), con Alessandra Recchia dell’Università di Modena e Reggio Emilia, si è focalizzato sulle terapie geniche delle distrofie muscolari, malattie degenerative derivate da mutazioni di geni associati alla funzionalità muscolare. I trattamenti farmacologici attualmente disponibili sono limitati ai cortisonici che, pur riducendo la progressione della malattia, non costituiscono una cura. Obiettivo della ricerca è identificare la tecnica ottimale per il trasferimento di CRISPR/Cas9, un sistema enzimatico in grado di correggere i difetti genetici che sono la base molecolare delle distrofie muscolari. La scarsa efficienza degli attuali sistemi di trasferimento delle molecole è, infatti, il principale ostacolo all’applicazione in clinica della tecnica CRISPR/Cas9, e dunque allo sviluppo di terapie efficaci. Lo studio rappresenta una prima tappa per la messa a punto di un sistema di trasporto non immunogenico e non tossico, che si potrà applicare a numerose malattie degenerative croniche di origine genetica.

Relazione del progetto 

Una medicazione antibiotica “intelligente” per la cura di ferite croniche

Il gruppo guidato da Alessandra Tolomelli (Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna) ha sviluppato un dispositivo medico per il trattamento e la prevenzione di infezioni in ferite cronicizzate. L’insorgere di tali infezioni è un fenomeno che si verifica frequentemente nei pazienti anziani e allettati e in quelli affetti da diabete mellito con l’insorgenza, nel primo caso, di piaghe da decubito e, nel secondo, di lesioni cutanee a rischio di cancrena. Il diabete tipo 2 non insulino-dipendente colpisce oggi in Italia circa 4 milioni di persone e più del 30% dei pazienti sviluppa ferite croniche; per quanto riguarda invece l’incidenza delle lesioni da decubito in soggetti anziani con deficit funzionale, si stima che il problema riguardi circa 300.000 soggetti. Le lesioni croniche sono spesso associate alla contaminazione di batteri, che ne compromette definitivamente il processo di guarigione. Il dispositivo, coniugando capacità terapeutica, rigenerativa e diagnostica, è in grado di mappare la distribuzione batterica nel sito infetto e di seguirne l’evoluzione nel tempo, rilasciando gradualmente la terapia antibiotica. Inoltre, il materiale per il bendaggio è stato realizzato con biomateriali biodegradabili e altamente biomimetici, derivanti da scarti dell’industria alimentare, seguendo i principi dell’economia circolare.

Relazione del progetto

Mamme sane per figli sani: la salute delle mamme in gravidanza è importante per la salute futura dei figli

Lo studio condotto dal team di Chiara Berteotti (Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna) ha evidenziato l’estrema importanza, per la salvaguardia della salute della madre e quella del bambino, di monitorare le condizioni ambientali durante la gravidanza e i primi mesi di vita del neonato. Nel periodo perinatale i fattori di stress, come malnutrizione, depressione materna o esposizione a sostanze di abuso, comportano inevitabili conseguenze per il benessere dei figli. Nello specifico, il gruppo di ricerca ha indagato gli effetti dell’esposizione perinatale a un pesticida, il Clorpirifos, un potente inibitore dell’acetilcolinesterasi, enzima coinvolto nella degradazione dell’acetilcolina, in grado di attraversare la placenta e di essere trasmesso con il latte materno. L’acetilcolina è un neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione respiratoria: i risultati dello studio mostrano che i figli di madri esposte al Clorpirifos presentano, una volta divenuti adulti, un aumento della frequenza di comparsa di apnee durante il sonno. Le apnee provocano risvegli frequenti e frammentazione del sonno e di conseguenza, nel lungo periodo, espongono i soggetti interessati a un maggiore rischio di eventi cardiovascolari avversi, danni metabolici e neurocognitivi.

Relazione del progetto

L’importanza della ricerca di cellule tumorali nel sangue dei pazienti

I tumori solidi maligni sono caratterizzati dalla capacità di evolversi, riprodursi e diffondersi per metastasi. Durante queste fasi il tumore può rilasciare nella circolazione sanguigna materiale di origine tumorale, tra cui cellule tumorali (CTC) e DNA tumorale. Il team coordinato da Manuela Ferracin (Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna), grazie all’acquisizione di un innovativo strumento per l’isolamento delle cellule tumorali, il Parsortix, sarà in grado di isolare efficacemente le cellule tumorali dal sangue di pazienti con tumore metastatico, indipendentemente dalla tipologia tumorale. Si tratta di uno strumento basato sull’utilizzo di un dispositivo filtrante che sfrutta le proprietà fisiche di queste cellule, come la dimensione e la consistenza. Il dispositivo permette, nello specifico, di distinguere le cellule tumorali da quelle normali, di contarle e persino di recuperarle per la coltivazione in laboratorio con l’obiettivo di stabilire modelli tumorali paziente-specifici su cui testare terapie farmacologiche personalizzate. Il Parsortix è collocato presso il Centro Universitario di Ricerca Biomedica Applicata (CRBA) all’interno del Policlinico Sant’Orsola, in modo da garantire la massima accessibilità a tutti i gruppi di ricerca.

Relazione del progetto