Markers di Synthetic Lethality

Titolo completo: Identificazione di markers di “Synthetic Lethality” per la stratificazione e la terapia di pazienti onco-ematologici

Responsabile del progetto: Simona Soverini, Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale, Università di Bologna

Durata: Settembre 2017 – Agosto 2019

Il progetto in sintesi: Le tecnologie di Next Generation Sequencing (NGS) hanno incrementato le nostre conoscenze sull’origine di numerose tipologie tumorali come le malattie onco-ematologiche (OE). Queste nuove conoscenze hannno permesso di stratificare i pazienti OE esclusivamente dal punto di vista prognostico con poche innovazioni dal punto di vista clinico. Tumori solidi ed ematologici originano da alterazioni del DNA e per questo motivo possono essere pensati come patologie in cui i meccanismi responsabili della stabilita’ e della riparazione del DNA sono deficitari.
Con Letalità Sintetica, si definisce un tipo di interazione genetica in cui la presenza simultanea di due eventi genetici, che individualmente non avrebbe un impatto sulla vitalità cellulare, provocano la morte cellulare se inibiti contemporaneamente. Recenti studi hanno dimostrato che le cellule tumorali con alterazione del meccanismo di riparazione del DNA siano candidati ideali per terapie basate su approcci di Letalità sintetica.
Il progetto si propone di studiare selettivamente pazienti OE caratterizzati da alterazioni nell’espressione o nella funzionalità dei vari geni coinvolti nei meccanismi di risposta ai danni al DNA allo scopo di identificare nuovi marcatori di Letalità Sintetica. L’integrazione dei dati omici provenienti da analisi ad alta risoluzione con i risultati delle analisi funzionali e biologiche, provenienti da test farmacologici su cellule leucemiche primarie, sarà la base per lo sviluppo di un nuovo modello di stratificazione di pazienti OE caratterizzati da alterazioni nei geni di risposta ai danni al DNA.

Aggiornamenti: Abbiamo studiato il panorama genetico dei pazienti affetti da leucemia acuta mieloide (LAM) attraverso lo studio delle alterazioni al DNA delle cellule leucemiche (tumorali) nei geni che sono convolti nei meccanismi di risposta ai danni al DNA stesso. Abbiamo identificato le alterazioni puntiformi (mutazioni somatiche) tramite Whole Exome-Sequencing (WES) e le alterazioni macroscopiche (alterazioni del numero di copie dei geni) tramite SNParray.
Circa il 12% e il 9% dei nostri pazienti erano caratterizzati dalla perdita di una copia del gene BRCA1 e del gene PALB2 rispettivamente. Questi geni giocano un ruolo chiave nella riparazione omologa del danno al DNA. Abbiamo identificato mutazioni puntiformi non solo in BRCA1, ma anche in BRCA2 e FANCE, altri due geni che cooperano nella conservazione dell’informazione genetica contenuta nel DNA. I nostri dati ci hanno anche mostrato come le alterazioni di questi geni erano significativamente associate alle alterazioni sia puntiformi che macroscopiche dell’oncosoppressore TP53. Questo gene, infatti, è anche conosciuto come il “guardiano del genoma”, la cui funzionalità è compromessa molto frequentemente in ogni tipo di tumore. Infine, abbiamo studiato l’associazione tra le alterazioni di questi geni e la sopravvivenza dei pazienti. Abbiamo rilevato una prognosi sfavorevole nei soggetti aventi una sola copia di BRCA1 o PALB2, e la concomitanza delle due alterazioni conferivano una curva di sopravvivenza a prognosi ancora peggiore. Inoltre abbiamo dimostrato come anche l’espressione del gene PALB2 correli con la prognosi di pazienti LAM.
Questi risultati hanno messo in evidenza la presenza di un gruppo di pazienti che, non solo sono caratterizzati dall’avere una prognosi particolarmente sfavorevole, ma che possono giovare di terapie personalizzate con inibitori di PARP. Infatti, pazienti affetti da carcinoma mammario e portatori di alterazioni in PALB2 e BRCA1/2 sono candidati per il trattamento con questi inibitori, mentre pochi studi clinici sono ad oggi disponibili nelle LAM. Pertanto, abbiamo identificato un gruppo di pazienti affetti da LAM che possono beneficiare di terapie personalizzate basate su approcci di “synthetic lethality”.

Per quanto riguarda la ricerca di alterazioni nei geni coinvolti nei meccanismi di risposta ai danni al DNA sulle leucemie acute linfoblastiche (LAL) abbiamo analizzato il profilo di espressione genica tramite Gene expression profile (GEP). Tale studio, condotto su 39 pazienti alla diagnosi ha evidenziato come le cellule tumorali (leucemiche) rispetto alla controparte sana (precursori ematopoietici) abbiano un elevata espressione della proteina WEE1 coinvolta nei meccanismi di risposta ai danni al DNA e nella regolazione del ciclo cellulare. Studi funzionali su altre neoplasie esprimenti elevati livelli della proteina WEE1 hanno dimostrato come tale proteina, se inibita farmacologicamente, porti alla morte cellulare delle cellule tumorali.
Studi in vitro per la valutazione di nuovi target di letalita’ sintetica nei pazienti OE
Per verificare l’efficacia di un inbitore farmacologico della proteina WEE1 diverse linee cellulari e cellule leucemiche isolate da pazienti adulti affetti da LAL sono state trattate in vitro con un inibitore farmacologico della proteina WEE1. I risultati hanno evidenziato come le cellule tumorali siano drasticamente dipendenti dalla funzionalita’ di questa proteina, la cui inibizione causa l’inibizione della capacita’ di proliferazione cellulare e l’induzione della morte cellulare. Inoltre dato che la proteina WEE1 e’ coinvolta nei meccanismi di riparo dei danni al DNA, abbiamo dimostrato che la sua inibizione potenzia significativamente gli effetti di farmaci quali la chemioterapia e altre terapie mirate delle LAL (inibitori delle tirosino chinasi).
L’integrazione di dati omici e i risultati degli studi funzionali ci hanno permesso di capire il ruolo fondamentale di due proteine, WEE1 e CHK1, nella sopreavvivenza delle cellule di LAL. Attualmente stiamo valutando in vitro l’efficacia di un approccio di Letalita’ Sintetica basato sulla inibizione simultanea della funzione di queste due proteine ottenendo risultati molto promettenti su linee cellulari di LAL (vedi figura 1). Infine dati preliminari stanno dimostrando come questo nuovo approccio terapeutico possa colpire in maniera piu’ efficacie le cellule tumorali con mutazioni del oncosuppressore TP53.

Gruppi e Dipartimenti coinvolti:
Laboratorio di Biologia Molecolare del Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e molecolare;
Istituto di ematologia “Lorenzo e Ariosto Seràgnoli”, Università di Bologna;
Centro di Ricerca Biomedica Applicata, Ospedale Sant’ Orsola Malpighi.

Pubblicazioni: Targeting WEE1 to enhance conventional therapies for acute lymphoblastic leukemia (https://jhoonline.biomedcentral.com/articles/10.1186/s13045-018-0641-1)