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Fascismo, usi e abusi del concetto

Ha ancora senso, oggi, parlare di fascismo, nazismo e razzismo? Se ne discute venerdì 19 novembre 2021, dalle 9.30 alle 13, nella Sala dello Stabat Mater della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio. Si farà luce sull’uso di questi termini nella società contemporanea, a partire da una ricerca interdisciplinare. L’iniziativa di formazione e divulgazione da noi finanziata porta i risultati di questa ricerca. L’incontro sarà trasmesso anche in streaming su Teams.

Docenti e studiosi dell’Università di Bologna hanno analizzato i concetti di fascismo, nazismo e razzismo da diverse prospettive, in primis quella semiotico-linguistica. Ne parla Giovanna Cosenza, docente di Filosofia e Teoria dei Linguaggi. L’analisi dei media, condotta tra novembre 2019 e ottobre 2020, ha riguardato 443 articoli di quotidiani e 48 ore di programmazione televisiva generalista. È stato rilevato il frequente ripetersi della metafora del fascismo, nazismo e razzismo come malattie che si propagano velocemente nella società costretta, in risposta, ad erigere barriere, baluardi. Tutto ciò però non assume quasi mai i toni dell’emergenza: si sottolinea, puntualmente, che sono fenomeni confinati a piccoli gruppi, carnevalate o goliardate a cui non bisogna dare troppo peso perché inserite in un contesto democratico. Solo se riferiti al passato, sono proposti come nettamente negativi.

La narrazione giornalistica riflette quanto accade nella società: lo studio in prospettiva storica che i docenti di Storia Contemporanea Alessio Gagliardi e Matteo Pasetti presentano durante la mattinata mostra che, nella storia dell’Italia repubblicana, i concetti di fascismo, nazismo e razzismo hanno progressivamente assunto contorni sfocati e perso la loro forza spregiativa nel dibattito politico e nell’uso quotidiano.

La prospettiva giuridica è illustrata da Daniele Donati, docente di Diritto amministrativo. Dall’analisi del quadro normativo vigente e della sua evoluzione, emerge un’idea di fascismo connessa strettamente al pericolo concreto di ricostituzione di organizzazioni di stampo fascista. Ciò prova che, a differenza di quanto accade nella società civile, istituzioni e magistratura hanno mantenuto nel tempo un atteggiamento vigile verso le manifestazioni estremiste, attento a garantire la tenuta dell’ordine democratico.

Roberta Lorenzetti, docente di Psicologia generale, mostra come fattori famigliari, micro e macro sociali, siano determinanti nella creazione del mind setting di chi si affilia a movimenti estremisti. Tra le caratteristiche cruciali ci sono la radicalizzazione della distinzione “noi/loro”, il sentimento di superiorità rispetto all’Altro e la sua deumanizzazione. Che fare per prevenire la fascinazione verso un movimento estremista o per aiutare chi vuole uscire da queste realtà chiuse e violente?

Sulle implicazioni filosofiche e politiche di questo progressivo svuotamento semantico riflette Carlo Galli, docente di Dottrine Politiche, mentre Giovanni Rossi, Presidente della Fondazione Giornalisti dell’Emilia-Romagna, individua nel suo intervento le conseguenze sul lavoro giornalistico di quanto emerso dalla ricerca.